venerdì 5 dicembre 2008

Fobie di uno scrittore che non è ancora diventato uno scrittore ma per sua sfortuna scrive e non sa che fare della roba che scrive

Il futuro da scrittore incoerente, questa era la cosa certa di un'intera adolescenza.  O il passato da scrittore adolescente. Incoerente. Significati che si logoravano nei mesi, negli anni. Ero partito dallo stremante credere di non credere a niente e quello era stato buono per i primi due libri, ma poi? E' possibile, mi chiedevo, uno scrittore che alla fine non ha nulla proprio da dire al mondo e che può discorrere con una tastiera per ore ed ore senza in realtà dire niente? Che genere di poetica può essere mai questa? come si può raggruppare il tutto in un lavoro unitario che si possa attribuire allo stesso autore traendone dei valori o delle caratteristiche?  Boh, mi rispondevo, che cazzo ne so? Ferma restando la confusione che mi prendeva se solo avessi voluto trovare coerenza nei miei mondi poetici e letterari, Skizzando nel vento era il testo che mi rappresentava di meno ma che proprio per questo odiavo di meno. Perché c'erano al suo interno parte delle mie esperienze, ma zero propositi di voler mandare un qualsiasi messaggio per mezzo letterario. Per questa sua riluttanza al voler significare necessariamente qualcosa finì che mi ci affezionai. Lo leggevo. Pensavo è una buona storia. E' scritta bene. Deve valere qualcosa. Ma davvero mi saltavano i nervi ogni volta che ne leggessi parte nel vano tentativo di correggerne qualcosa. Mi chiedevo spesso come avevo potuto anche solo vagamente pensare solo due secondi prima che è una buona storia, è scritta bene, deve valere qualcosa. Se uno lo scrittore non lo vuole fare, è deciso: non lo farà. Ma se non sa fare altro? Bella domanda. Vado a pensarci.     

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