giovedì 20 marzo 2008

Genesi di una specie di capolavoro sconosciuto

Il problema dunque era che io non ero Bukowski e questa non era l'America, ma a me andava bene lo stesso, stavo spesso incazzato in quel periodo, scrivevo e stavo incazzato perché non sapevo che cosa me ne sarei fatto di tutto quel materiale che, come dovendo pagare un dazio al mio bisogno di stendere lettere su lettere in chilometri di pagine, scrivevo, appunto. Alla fine del tutto con noia estrema ricollegai tutte le pagine e mi rilessi il testo dall'inizio alla fine. Mi parve buono e non mi sembrò che ci fosse persino nulla da modificare come spesso succede allo scrittore esordiente nonché deficiente. Andai ad ubriacarmi come al solito e dimenticai tutto dopo aver cercato di parlare della cosa ai miei amici e dopo aver ricavato una scarsità di interesse ed una voglia di sviare senza eguali. Soltanto uno decise di leggerlo e cercò di convincermi che sarebbe potuto tranquillamente divenire un bestseller. Seee! I libri in Italia non se li caga nessuno, non me ne fregava molto neppure a me che l'avevo scritto! Così l'archiviai tra gli scritti ancora precedenti e mi dissi soltanto 'Se capita che un giorno mi viene l'idea di pubblicare qualcosa, tiro fuori sta cazzata di amori adolescenziali e viene giù che è fotogenico per il mercato. Quando decisi che le acque erano buone per navigare su quel natante, lo lanciai in mare. Bari, Ladisa editore, toccata e fuga, contatto avvenuto per mezzo di un professore d'italiano della mia ragazza, gli lasciai il manoscritto senza che me ne fece neppure parlare, tranne che espresse disappunto per un 'cazzo' che appariva in uno dei titoli dei capitoli. Pensai 'mmm' e decisi di smettere di pensare. Mesi dopo mi richiamò dicendo che il testo andava completamente rivisto. Brutta storia: non ne avevo voglia. Non mi andava di perdere il mio tempo, preferivo di gran lunga starmene a girovagare sulla mia moto immerso nel sole del sud. Mi cercò per un po', ma finì che mi beccai soltanto le successive bestemmie del professore per non aver risposto alla richiesta dell'editore di correggere la bozza. Ma la realtà era che Ladisa non avrebbe scommesso un centesimo sul mio testo, soltanto doveva un favore al professore e ricevendomi si sarebbe sdebitato. Neanche un anno dopo si cominciò a sentire parlare di Tre metri sopra il cielo, amore adolescenziale, scritte sui muri e cazzate del genere. Per un periodo fui persino convinto che, chissà in che cazzo di modo, quello stronzo doveva avermi fregato l'idea perché alcune scene del testo erano quasi identiche a quelle del mio. Poi mi diedi pace, Moccia aveva fatto il boom ed i soldi ed io continuavo a girovagare sulla mia moto nel torrido sole del sud. In fondo era andata meglio a me e dopotutto era vero che Skizzando nel vento andava rivisto quasi completamente. Ma, brutta storia: davvero non avevo avuto lo stomaco per mettermi a fare lo scrittore.