sabato 10 gennaio 2009

Proiezioni di distanze ancora da percorrere.

E poi, e poi, e poi. La storia è finita e andate in pace. Avrei milioni di cose da scrivere ma sarebbe tutto inutile. E poi. Ho passato più di due anni senza stendere una sola riga che continuasse il lavoro fin lì portato avanti. Ho solo sperimentato, nel frattempo, stili in stati di alterazione poco efficaci. Sotto effetto mariuana, sotto effetto hashish, sotto effetto whisky & birra, sotto effetto Aglianico + Nero di Troia + Laphroaig & Lucano. Una volta anche tutto insieme ma non riuscivo a vedere più la tastiera. Non ce l'ho fatta neppure a salvare il file. E' che uno, sperimentando, comincia a credere che qualsiasi cazzata scriva, abbia un valore. Non ne ha perché non tutti gli esperimenti hanno esiti positivi. Spesso è il contrario. Adesso il problema è differente. Tutto mi sta chiamando indietro. Gli scenari. I personaggi. Le storie. Mi vogliono indietro. Li ho lasciati a sé stessi per un bel po' di tempo. Non sanno dove andare e vogliono necessariamente trovare la strada di casa. Qualcuno dovrà pur accompagnarli e, mi guardo attorno, mi sa che mi toccherà per l'ennesima volta. Sembra pure superfluo parlarne perché questo, gli editori, non lo sanno. I lettori neanche se lo immaginano. Ti credono uno che si sforza a scrivere stronzate. Non capiscono che le sforzo che fai, semmai, è proprio il contrario. Lo sforzo di zittire i mondi interiori, di tenerli segregati e di spegnere la luce. Non lo capiscono che a certa gente una casa, una famiglia, un buon lavoro e tutto il resto non danno la serenità, ma creano inquietudine. Perché se sovrapponi una vita reale a quelle immaginarie che ti chiamano, devi per forza convincerti che quelle immaginarie hanno meno valore del resto. Devi traslarle su un piano inferiore. Non puoi dar loro conto se non riesci a pagarti la rata della casa. Saresti stupido. Io devo essere uno stupido, ma la vedo proprio così. Se non avessi una famiglia lavorerei soltanto per pagarmi pane acqua e fogli elettronici. Mi servono un mucchio di fogli elettronici. E il tempo per riempirli. Devo essere un pazzo. Ma non riesco ad essere altro. Se fossi stato Bukowski? Avrei lavorato come impiegato alle poste fino a cinquant'anni. Nel frattempo avrei scritto qualcosa, avrei giocato ai cavalli, avrei cercato di cambiare la mia vita e fino alla fine ce l'avrei fatta. Perché ero Bukowski.  Ma siccome non sono Bukowski a me nessuno mi dà la certezza che un giorno rimarrò al tempo come uno scrittore perché a lui sappiamo tutti come è andata. A me non lo so neppure io. Adesso so soltanto queste cose. Con le presenti memorie ho scritto una cazzata in più da gettare sul mucchio di roba che ho in cantina. Ho visto un film l'altro giorno in cui a uno scrittore gli arriva per la prima volta il pacco con le edizioni regalate del suo libro inviate dalla casa editrice e c'è accanto la moglie e la moglie gli chiede se è emozionato e lui apre il pacco e vede il testo e dice che è già tanto se hanno scritto correttamente il suo nome. Quello scrittore avrei voluto essere io, quella moglie volevo che fosse stata mia moglie che mi diceva quelle parole. Arriviamo al punto: quello che so è che io non avrò mai un'edizione in casa di un mio testo e che non ne parlerò privatamente con nessuno che conosco se mi dovesse capitare mai di avere un testo pubblicato. Continuerò quantomeno a rivedere tutto quello che ho scritto finora incessantemente. Se avrò il tempo darò ascolto a mondi e personaggi che si affacceranno nei miei spazi. Non abbandonerò la mia battaglia contro il meccanismo finché avrò soldi per una sola spedizione come Martin Eden. E nel frattempo sarò uno scrittore del cyberspazio. Un pioniere insieme a tutti quelli che continueranno. Ma la strada virtuale che percorrerò sarà la mia soltanto. Lontano da ogni corrente. Chi vorrà potrà seguire la scia. Quella non è soltanto la mia. Ho un corteo di personaggi che aumentano di alba in alba. Anche se sono immaginari, immaginarie sono le distanze che copriranno. Arriveremo in tanti, alla fine di questo strano viaggio che lo Zanichelli sembra chiami vita.                   

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sfiduciato. Scoraggiato. Forse esternamente arreso. Ma dentro no. Ne sono sicura! Scrivi. Scrivi per te. Devi farlo perchè sei uno scrittore! la pubblicazione sarebbe una lode. Dovrebbe bastarti il 110. Se scrivi per te, per te soltanto, si vede, si sente, almeno si percecpisce.Perchè l'editoria? sarebbe solo lo sfogo momentaneo dell'egocentrismo che noi scrittori abbiamo; passerebbe sai? il momento di gloria. No però. Se scrivi per te.

Saccinto ha detto...

No, dei voti non ho bisogno, non è quello. La mia gloria io me la vivo nel piccolo della mia stanza e negli immensi spazi della mia mente. L'editoria è solo un'ossessione. Una battaglia. E' giusto per vincerla che continuo a tentare.