sabato 27 dicembre 2008

Non prendetevela con me. Incazzatevi con la mia ispirazione.

Per una strana deformazione caratteriale, mi ero sentito spesso vicino ad esplodere nel mondo letterario. Senza un contratto effettivo di pubblicazione. Senza un vero e proprio seguito di lettori. Senza i testi giusti. Soltanto perché molte cose le gestisce il caso ed io nel caso avevo piena fiducia. Era il mio vero dio. Il caso mi aveva avvicinato in qualche modo al boom. Il talento si crea, il talento non esiste. Quindi ero veramente stato vicino alla materializzazione nel pantheon degli Scrittori, ma ero sempre rimasto appena sotto la soglia di percezione. Come in un perenne quarto posto che non prevede il podio, mentre altri si alternavano nei primi tre. Di tutte le mie entrate in scena non era rimasta traccia. Questo non andava bene. Le idee degli altri, i libri degli altri, anche quelli che avevano un successo senza pari non mi sembravano tutte queste cose geniali da meritarsi gli onori che ricevevano. Neanche le mie certo. Ma neanche lo zero letterario che avevano ricevuto. Prima smisi di acquistare libri. Poi smisi definitivamente anche di leggere.   Mi sentivo depresso. Avevo preso a lavorare tutti i giorni per dodici ore almeno al giorno. Con un solo giorno di riposo che spesso saltava per esigenze aziendali. Andò avanti così per due anni. Ogni giorno mi dicevo 'scriverò ancora qualcosa, scriverò, devo solo aspettare' ma ogni giorno ero sempre più stanco e smettevo di seguire tutte le idee che mi avevano saturato la mente tempo prima. C'era un rifiuto sempre più netto. Come se quelle idee mi avessero ormai stancato. Pensare a scrivere non mi provocava più alcun piacere. Mi convinsi che quello che mi mancava era solo un bel posto di lavoro. Io che il primo libro che avevo scritto, lo avevo scritto contro ogni conformismo e attaccando tutti quelli che se ne sarebbero stati a leggerlo in poltrona immersi nel tepore di casa, invitandoli a leggerlo in mezzo alle tempeste, stando in piedi e camminando, con frenesia, mi ero ormai conformizzato. Non c'era più nessun battello ebbro. Solo un vecchio natante arenato con gli altri nel cimitero delle navi di Chittagong. Presi a fumare maryuana tutti i giorni per calmarmi. In alternativa cercavo di bere il più possibile. Passavo le estati intere ubriaco. Chi tentò un approccio con la mia mente definì il tutto rifiuto della paternità. Nonostanto il bene che volevo alla mia bimba. Mi sentivo inadeguato. Soprattutto come padre. La mia non era una vita sbagliata. Di sbagliato c'era ciò che era successo prima. Aver preso a scrivere senza che ce ne fosse motivo. Come quando ti spingi oltre la tua portata e in un certo qual modo ti rovini la vita. Essere convinti di aver sfiorato l'apoteosi e poi guardarsi allo specchio alla fine di una stupidissima giornata di lavoro e vedere la tua faccia che riconosci sempre meno porta un grande sconforto. Ti dici che non stai facendo niente. Che non stai andando in nessuna direzione. Che hai deciso di aspettare la morte come la gente a cui cercavi di scuotere la coscienza. Iniziai a sentirmi ipocrita. E mi cullai con la mia mediocrità pensando che tanto una vita vale l'altra e vaffanculo. I discorsi letterari con chiunque terminarono definitivamente. Se capitava che qualcuno mi chiedesse qualcosa riguardo allo scrivere, così, tanto per farmi piacere, rispondevo che io ormai non scrivevo più. Era stata una cazzata adolescenziale. Anche Rimbaud aveva fatto la stessa cosa a 21 anni. E forse era proprio vero che a certa gente questa cosa capitava. A me era capitato.  Mi dispiaceva soltanto di non aver concluso gli ultimi due testi che mi mancavano e che erano fermi ormai a circa centocinquanta pagine l'uno. Credevo che sarebbero stati i miei migliori testi di sempre. Ma ormai non mi importava più neanche di quello. Forse, mi dissi, un giorno mi concederò di completarli così avrò finalmente il piacere di leggere la loro storia dall'inizio alla fine. Così, per sapere almeno come vanno a finire.  Smisi di guardare le vetrine delle librerie. L'ultima volta che l'avevo fatto compeggiavano davanti a tutti una serie di testi tutti uguali  con titoli alienanti: Tre metri sopra il cielo, Ho voglia di te, Scusa se ti  chiamo amore, Notte prima degli esami e altri tre o quattro  che neppure ricordo. Pensai a Skizzando nel vento. Avrebbe fatto la stessa squallida fine. E in fondo era quello che si meritava. Ma ormai pure il suo tempo era passato. Il mondo aveva forse capito l'inganno e non avrebbe accettato di valutare una cazzata sugli stessi temi.  Anche se poi magari come qualità c'era qualcosa in più.  Mi ero svegliato tardi. O forse ero solo stato sfortunato a non trovare i giusti editori. O forse per davvero la mia roba non era all'altezza. Era una possibilità.  Una notte mi misi a rileggere l'ultimo testo che avevo scritto. Quello pulp. Mi era venuta un'idea, avevo cercato di non darle ascolto, ma mi era venuta e non se ne andava più. Andai a rileggere il testo, modificai la parte al cui riguardo la mia idea aveva premuto per una correzione e finì che mi rilessi tutto il testo. Come al solito pensai che non aveva niente che non andava. Me lo rilessi ancora. Non lo so se mancava qualcosa, ma a me decisamente piaceva più che dispiacere. Pensai di stamparlo. Lo rilessi stampato. Cazzo, tranne un errore abbastanza stupido verso le ultime pagine, mi sembrava proprio una buona storia. Ne stampai altre nove copie. No, volevo solo sapere se era solo quell'errore ad essere presente o se magari ce ne fossero altri. Trovai dieci case editrici su internet. Avevo proprio una fottuta curiosità a riguardo, possibile che non ci fossero altri errori? Decisi di vedere che ne pensavano quei dieci editori. Spedii le copie. E pensai adesso non me ne frega un cazzo, ve lo mando a ripetizione finché campo perché cazzo davvero se c'è un altro solo errore io devo scoprirlo. E gli altri testi? Pure pure, a suo tempo. Non passerò certo la vita dello scrittore, ma potete ficcarvi tutti un dito in culo se pensate che dopo aver scritto i dieci migliroi libri della storia accetterò di buon grado che dieci dementi che si definiscono Scrittori continuino a prendermi in giro da quelle cazzo di vetrine delle librerie. Ho scritto tutto così veloce che ho ancora tutta la vita davanti. Bene bene. La utilizzerò per rompere i coglioni utilizzando tutti i mezzi che conosco e quelli che mi inventerò. Di fantasia a volte ne ho tanta.          

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