lunedì 29 dicembre 2008

Già. Già.

Decisi che non avrei scritto più niente. Pensai se avessi qualcosa ancora da completare, ma tutto prevedeva ancora lunghi tragitti per giungere alla meta. Per fare prima mi dissi che quanto avevo scritto poteva ormai bastare e non ci volevo pensare più. Mi concentrai sul correggere tutto quello che avevo scritto. Così. Nel caso in cui magari fossi venuto meno e a qualcuno fossero capitate per le mani le mie cose. Non si sapeva mai.  Cominciai con Malko. Lo ripresi dall'inizio e mi misi con la santa pazienza a ripercorrere ogni singola riga per correggere dapprima gli errori grammaticali. Poi eliminare delle parti che facevano un po' cagare. Poi inserire almeno un preambolo e un epilogo. Visto che c'ero anche un intermezzo. La santa pazienza non durava più di due pagine. Il testo faceva proprio ribrezzo. Soprattutto lo stile. Quelli del Foglio non la pensavano come me. Capii che avevo fatto bene a non dargli retta.  Finii il lavoro con una mano sulla faccia per non guardare. Nonostante la rifinitura questo testo non aveva ancora niente a che vedere con tutti i pareri favorevoli che aveva ottenuto. Era come Moccia. Non si meritava il successo. Decisi che l'avrei riscritto completamente. Ma non adesso. Adesso non mi andava. Ripresi il mio primo libro. Quello aveva una storia spettacolare. Ci misi mano e ce la tolsi dopo i primi tre righi. Mi veniva lo sconforto. Idee zero. Me lo rilessi e basta. Trattenendo i conati. Decisi che l'avrei riscritto completamente. Ma non adesso. Adesso non mi andava. Poi mi venne la fissa di andarmi a correggere un testo molto strano che si chiamava L'Opera. Il terzo in ordine cronologico. Avevo sempre pensato che non l'avrei mai pubblicato, ma sta a vedere che la chiave del mio successo fosse chiusa nell'unico cofanetto in cui non avevo ancora guardato? No, non c'era. Decisamente. Decisi che non l'avrei riscritto mai più. Non mi andava. E allora dove stava questo grande talento letterario che avevo creduto? Nell'era delle cavallette, è logico, me l'avevano detto pure alla Palomar. Ma vaffanculo, quelli neanche sapevano di che cazzo parlava il testo. No. Proprio dovevo smetterla di seguire il finto parere degli altri. Se c'era una cosa che dovevo fare era quella.  Ripresi Skizzando nel vento (guarda un po' chi è spuntato fuori). Pensai che se c'era un libro da sacrificare doveva essere lui. Senza fare tante storie.  Me lo rilessi stancamente con una forte riluttanza ad apportare correzioni. Andava corretta la mente dell'autore direttamente, lì. Rievocai la mia grande pazienza. Inspirai. Mi alzai le maniche corte sulle spalle. Accesi una sigaretta. Siamo alla resa dei conti. Tu da qui non esci in questo stato vergognoso, gli dissi. E partirono scintille immerse nel buio delle notti nello scontro frontale tra me di ventisei anni e me di diciassette e feci un casino di quelli mai visti. Lettere sparse sul pavimento, fogli accartocciati sparsi dappertutto, personaggi spiaccicati in faccia al muro. Sembrava una guerra. Chissà chi cazzo aveva vinto. Alla fine del tutto, ansimando, mi rilessi l'intero file. Mmm. Per me faceva ancora cagare. Però se avevano pubblicato Tre metri sopra il cielo... 

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