lunedì 22 dicembre 2008

La tua strada non è necessariamente la tua strada.

Avevo riletto Skizzando nel vento in un moto nostalgico dei bei tempi d'oro di quando con gli editori almeno ci parlavo. L'avevo finalmente trovato una vera e propria cazzata. Come tutto quello che avevo scritto. Sembrava che stendessi capolavori che col tempo si disfacessero lentamente. Sembrava che fossero proprio le parole a cambiare. Con gli anni andavano in putrefazione, doveva essere un bug di word a dare questo effetto. L'ultima raccolta di racconti invece si era putrefatta piuttosto velocemente. Però avevo ancora le mie convinzioni. Avevo il materiale nuovo. Il bug ci avrebbe messo anni per rovinarlo. Avevo Malko che stavo quasi per terminare. E la prima raccolta al mondo di poesie che non si chiamano poesie. Le Mejfy insomma. Duecentodieci testi in tre mesi. La prima vera risposta ai fiori del male di Baudelaire. Finalmente.  Diedi il resto di Malko al mio amico. Così adesso poteva stendersi la sceneggiatura del suo film. Preparai una poltrona di fronte al computer a casa mia. Raccolsi mia moglie incinta per la mano. La portai di là. La feci accomodare e le mostrai con la mano il regalo che gradiva di più: il mio continuare a scrivere. La notte in cui trasportai Malko, parte seconda. Non se l'aspettava nemmeno. Era la cosa che avevo mai scritto ad esserle più piaciuta. Non le avevo detto che l'avrei continuato. Era una sorpresa. Iniziammo a leggere. A neanche metà della lettura mi scostò violentemente ed iniziò ad urlare - Tu sei pazzo, io sono incinta, non posso leggere queste cose -. Aggrottai le sopracciglia. Il racconto in effetti era un po' forte, ma Malko era così. A lei piaceva. Forse l'avevo spaventata, ma era proprio questo l'effetto che volevo suscitare. -Era proprio questo l'effetto che volevo suscitare - le dissi. C'ero riuscito, ero contento. Si incazzò ancora di più. Non capivo perché non condividesse la mia gioia di aver stesso un racconto horror di grande effetto. Se ne andò via.Il mio amico non mi parlò mai più di Malko. Anche lui era sembrato in principio quasi più felice di me di ciò che avevo scritto. Tu li accontentavi. E loro tiravano i calci. Decisi che dovevo rilassarmi. Stavo andando troppo in fretta. Continuavo a sentire il peso del tempo sulle mie spalle. Credevo che sarei morto presto. Davo il massimo valore al tempo, non volevo perderlo. Pensai che forse fosse arrivato il momento di chiudere tutto, di lasciare stare. Stavolta per davvero. Avevo scritto in tutto otto libri e sedici o diciassette raccolte di poesie. Poteva bastare. Tutto faceva schifo. Anche Malko. Anche a mia moglie. Mmm. Che scrivevo a fare?Perché perdevo così il mio tempo? E i miei soldi, dato che ne avevo investiti cento per mandare i testi e trenta per le tre copie del cazzo? Potevo farmi un bel televisore con quei soldi, all'epoca. O migliorare i regali per mia moglie. E poi c'era la bimba che stava arrivando. Era tutto un casino. Ci pensai seriamente: perché cazzo spendevo il mio tempo stendendo una lettera dietro l'altra senza che ce ne fosse motivo? Di che parlavano i miei testi? Mi misi di fronte a me stesso. Al mio alter ego letterario. Gli chiesi che cazzo volesse ancora da me. Chinò la testa. In realtà non aveva mai voluto niente, semplicemente gli piaceva la mia compagnia. E a me la sua, un tempo, mi ricordò. Gli chiesi perché dovesse essere così, che cosa c'entravo io con gli Scrittori. Gli Scrittori avevano vite particolari ed avventurose, avevano viaggiato. Conoscevano un sacco di città. Avevano studiato tanto. Avevano frequentato un sacco di gente. Parlavano delle cose che scrivevano. Riuscivano a pubblicarle. Avevano partecipato alla storia. In maniera attiva. Avevano avuto tante donne. C'avevano qualche cazzo di cosa interessante che io non avevo e non avrei mai avuto. Insomma gli feci la menata perché lui da me queste cose non poteva ottenerle. Mi venne da piangere. Non potevo scrivere e basta. Sembrava semplice. Ma la cosa si complicava ogni giorno di più. Forse piansi. Alla fine aveva vinto l'incomunicabilità. Nessuno aveva capito il mio alter ego. Neanche chi mi stava più vicino. Ed io avevo finito per non capirlo più, anche. Avevo sposato il parere degli altri. La loro indifferenza nei confronti di qualcosa a cui volevo che partecipassero. Di cui volevo che potessimo quantomeno parlare. Il fatto che io ero stato uno scrittore sembrava non interessare più a nessuno. Tutti erano cresciuti. Io avevo ancora un sogno. Mi resi conto che senza volerlo perdere, il tempo buono ormai l'avevo già perso. Decisi e questa volta fermamente che Malko chiudeva la stagione in cui avevo creduto di essere stato uno scrittore. L'avrei dimenticato anch'io, come facevano tutti. Adesso sarei finalmente diventato un cameriere. E poi, se dio lo voleva, un educatore e pace all'anima dei morti.   

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